UN SEMPLICE AUGURIO.

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Mentre scrivo, qualcuno in strada sta aspettando che scatti il verde per tornare a praticare con lo skate, una donna scura stende i panni su un filo pericolante del suo balcone rimediato, una libellula approccia la palma che sbadiglia al vento qui affianco. I taxi li vedo da lontano, sfilare senza fretta, come le dita di un porteño su corde di chitarra, mentre una milonga mi tiene compagnia. Per poco tempo. Poi torna la città, il silenzio, un fruscio, la brezza a solleticare, a darmi tregua, mentre il sole picchia forte sulle ginocchia. Me ne sto in costume, sulla terrazza di casa, al 21esimo piano. Da sola. Buenos Aires è una visione accecante. La pietra bianca delle case è uno specchio di luce, un disegno mal riuscito, che l’autore non ha voluto firmare. È l’Italia che abbiamo vissuto quando avevamo 10 anni. Quando uscivamo, era nostro il quartiere, masticavamo chewing gum tutto il tempo, sapevamo come rimettere la catena alla bici, si sudava, non ci importava del tempo, non era un’angoscia, gli adulti erano da rispettare, un ghiacciolo ci stava sempre. E bastava. Con le scarpe sciolte, una maglietta vecchia, le guance rosse, il fiatone, una corsa da vincere, il pallone sgonfio, le giornate lunghissime.

I miei amici argentini non hanno Skype. Le cose urgenti le rimandano a mañana, quelle importanti, sono importanti. Si arrangiano con la vita, ma spartiscono, accolgono, sorridono, con serietà. Discutono di Rivoluzione, di Bakunin e Mazzini, di filosofia, di sistema scolastico, del Cile, del Che. Ragionano di metodi e simbolismi davanti a un asado. A un salsicciotto arrostito fra due fette di pane bianco, che qui chiamano Choripán, e a una cerveza. Chiudiamo l’anno così, a casa di Facundo, che vuole regalarmi un libro di sociologia e che intanto marina la carne da arrostire sul fuoco. Una cena in terrazza, dal tramonto ai fuochi d’artificio, su una città che sembra ancora così poco “aggiornata” da apparire terribilmente desiderabile. Un passo indietro che dovremmo fare. Che ho avuto la fortuna di vivere.

Vi auguro nel 2015 di essere semplici.

Abbandonate ogni meccanismo. Siate diretti. Non affaticatevi, se non ne vale la pena. Pensate a cosa è davvero importante, lasciate indietro il resto. Abbracciate di più, parlate di meno. Alleggerite il bagaglio, non avete bisogno di nulla, se non della vostra curiosità. Quello che avete, dividetelo con i vostri compagni di viaggio, darete senso al cammino. Siate onesti e spericolati. Siate poveri, sarete brillanti.

Buon anno di cuore.
Sara

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3 comments
  1. Loved it, Sara! Especially the last part could not be more true. Let’s enjoy the simple things in life, cherish those true moments of love, live every day like it’s the last, savouring every tiny second… Have a great New Year’s Eve in Buenos Aires y nos vemos a la vuelta en Edimburgo ;)

    All my love

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